articoli
S. Giuletta ritrova il «futurista»
SANTA GIULETTA Il genio futurista di Santa Giuletta, amico di Marinetti: si pensa a iniziative per ricordare la figura e l’opera di Gino Soggetti. L’Archivio Storico artisti pavesi, con sede a Casteggio , lo considera tra i grandi pittori pavesi che meritano nuovi studi e ricerche . E nei programmi dell’amministrazione di Santa Giuletta c’è l’allestimento di una mostra interamente dedicata al pittore nato a Santa Giuletta nel 1898 e morto a Pavia nel 1958. «Ne ho parlato con Elena Cignoli, responsabile della biblioteca – dice Maurizio Brandolini, il sindaco – Raccoglieremo testimonianze su questo artista. La sua famiglia era originaria della zona Monte Ceresino, ancora oggi abitano alcuni suoi parenti». Gino Soggetti è stato artista d’’avanguardia: pur scontrandosi con la diffidenza dell’ambiente pavese, già negli anni giovanili la sua passione gli aveva permesso di farsi apprezzare con quadri innovativi. «Data l’importanza dell’artista, ci rendiamo conto che non sarà semplice preparare una mostra. Ci impegneremo nel reperire tutto il materiale possibile, convinti che il suo paese natale debba fare qualcosa per ricordarlo» conclude il sindaco. Luca Sforzini, perito d’arte casteggiano e tra i fondatori dell’Archivio, ricorda come le opere di Soggetti siano difficili da reperire sul mercato e tutte su palcoscenici di prestigio (a Christie’s Parigi novembre 2012 un’opera del 1926). «Soggetti – dice – fu fondatore de «La Folgore futurista» nel 1916, rivista che ebbe echi europei e fu grande amico di Marinetti. Come Archivio lo vogliamo riscoprire, così come i vogheresi devono prepararsi a valorizzare l’opera di Carlo Gallini, di cui l’anno prossimo cade il bicentenario della nascita». Simone Delù |
Jean-François Millet nacque il 4 ottobre 1814 a Gréville-Hague, in Normandia, primogenito di Jean-Louis-Nicolas e Aimée-Henriette-Adélaïde Henry Millet, entrambi poveri contadini. Millet iniziò la sua precoce ma irregolare formazione su iniziativa dei genitori, che lo affidarono ad alcuni precettori privati, per poi proseguire gli studi a Cherbourg, dove giunse nel 1833 a studiare pittura sotto la guida del ritrattista Paul Dumouchel, senza per questo trascurare di aiutare la famiglia nel duro lavoro dei campi. Nel 1835 passò a Lucien-Théophile Langlois, un emulo di Baron Gros, e nel 1837 grazie a una borsa di studio si trasferì a Parigi per frequentare l’École des Beaux-Arts sotto la direzione del pittore Paul Delaroche. Fu nella capitale francese che Millet esordì senza gloria, al Salon del 1839.
Tornato a Cherbourg nell’inverno 1840-1841 vi incontrò Pauline-Virginie Ono, fanciulla della quale si invaghì perdutamente e che fu la sua prima moglie: purtroppo morì precocemente, tre anni dopo le nozze, lasciando l’artista sopraffatto dal dolore. Millet, in ogni caso, decise inizialmente di dedicarsi alla ritrattistica, genere che nella piccola Cherbourg riusciva a fruttargli qualche commissione, per poi adattarsi pur di vivere a una mediocre produzione di dipinti a soggetto mitologico.
Fu nel 1846-47 che Millet strinse amicizia con Constant Troyon, Narcisse Diaz, Charles Jacque e Théodore Rousseau, artisti che formeranno il primo nucleo della scuola di Barbizon. Fu grazie a questi incontri che Millet iniziò a dedicarsi alla vita contadina, il tema più vicino alla sua sensibilità artistica. Nel 1848 iniziò a riscuotere i primi successi al Salon, che ospiterà le sue tele sino al 1865: tra le sue tele più acclamate vi fu Il seminatore (1850), tela che pur venendo aspramente criticata dalle firme più conservatrici riscosse i plausi dei repubblicani e dei critici di sinistra.
Sotto l’influsso dei Barbizonniers, nel giugno 1849, Millet decise di trasferirsi definitivamente a Barbizon, sfruttando una piccola somma stanziatagli dallo Stato. L’artista sarebbe rimasto in questo paesino per il resto della sua vita, allontanandosene raramente in occasioni di due viaggi a Cherbourg, (1854, 1870) e a Vichy (1866, 1868). Fu proprio qui, tra l’altro, che licenziò le sue opere più celebri, come L’Angelus e Le spigolatrici, consolidando gradualmente la sua fama e arrivando persino a essere insignito del Cavalierato della Legion d’onore.
Morì sessantenne a Barbizon, il 20 gennaio 1875.
Artista
Paul Cézanne (Aix-en-Provence, 19 gennaio 1839 – Aix-en-Provence, 22 ottobre 1906) è stato un pittore francese di origine italiana.La sua famiglia era agiata e lui intraprese inizialmente gli studi di diritto, ma poi li abbandonò per seguire la vocazione artistica.
Seguì prima i corsi all’Ecole de Dessin di Aix e poi studiò a Parigi, all’Académie Suisse.
Fu rifiutato dalla Ecole des Beaux-Arts e, per alcuni anni, visse tra Aix e Parigi, dove strinse amicizia con altri illustri pittori e artisti che corrispondono ai nomi di Pissarro, Bazille, Renoir, Sisley e Monet.
Dapprima non mostrò interesse per il rinnovamento pittorico degli impressionisti e dipinse fino al 1873 opere legate ancora alla tradizione romantica, come “Il dolore” e “L’asino e i ladri”. Molte di queste opere si distinguono per i toni cupi, per i pesanti impasti di colore come “Il negro Scipione”.
Durante la guerra franco-prussiana del 1870 si trasferì con Hortense Fiquet, sua modella e poi moglie, all’Estaque, in Provenza.
Nel 1873 dipinse “La casa dell’impiccato a Auvers”, opera che segnò l’inizio della fase impressionista del pittore. L’insuccesso alle mostre del gruppo degli impressionisti segnò il definitivo distacco di Cézanne dal gruppo e la sua vita, in seguito, fu caratterizzata da numerosi spostamenti attraverso la Francia, dai quali trasse spunto per i numerosi paesaggi dipinti in questo periodo.
Dal 1883 si ritirò in Provenza, concentrandosi sulla ricerca di una tecnica che prendesse le distanze da quella impressionista per esaltare, attraverso il colore, le volumetrie della forma. In questi anni rielaborò con insistenza gli stessi temi: visioni dell’Estaque, la montagna Sainte-Victoire, le molte nature morte, i ritratti della moglie “Madame Cézanne nella poltrona gialla”, motivi di vita quotidiana, le composizioni di bagnanti.
Solo negli anni Novanta e agli inizi del Novecento, però, la critica riconobbe il valore della sua opera: la mostra personale del 1895 fu il primo vero trionfo per l’artista, e un successo fu pure l’esposizione al Salon d’Automne del 1904. Dal 1900, ammalato di diabete, rimase quasi sempre ad Aix-en-Provence. Negli ultimi anni di vita lavora a Le grandi bagnanti (1898-1905), sintesi degli studi che aveva accumulato nei dieci anni precedenti.
Alcune delle opere di Paul Cézanne
Ritratto di Achille Emperaire (1867-1868)
Una moderna Olympia (1873-1874)
Il golfo di Marsiglia dalla veduta dell’Estaque (1878)
Cortile di fattoria (1879)
Vaso blu (1889-1890)
I giocatori di carte (1890-1895)
Gustave Geffroy (1895-1896)
Natura morta con cipolle (1896-
Artista
Jean-François Millet (Gréville-Hague, 4 ottobre 1814 – Barbizon, 20 gennaio 1875) è stato un pittore francese, considerato uno dei maggiori esponenti del Realismo. Jean-François Millet nacque il 4 ottobre 1814 a Gréville-Hague, in Normandia, primogenito di Jean-Louis-Nicolas e Aimée-Henriette-Adélaïde Henry Millet, entrambi poveri contadini. Millet iniziò la sua precoce ma irregolare formazione su impulso dei genitori, che lo affidarono ad alcuni precettori privati, per poi proseguire gli studi a Cherbourg, dove giunse nel 1833 a studiare pittura sotto la guida del ritrattista Paul Dumouchel, senza per questo trascurare di aiutare la famiglia nel duro lavoro dei campi. Nel 1835 passò a Lucien-Théophile Langlois, un emulo di Baron Gros, e nel 1837 grazie a una borsa di studio si trasferì a Parigi per frequentare l’École des Beaux-Arts sotto la direzione del pittore Paul Delaroche. Fu nella capitale francese che Millet esordì senza gloria, al Salon del 1839. Tornato a Cherbourg nell’inverno 1840-1841 vi incontrò Pauline-Virginie Ono, fanciulla della quale si invaghì perdutamente e che fu la sua prima moglie: purtroppo morì precocemente, tre anni dopo le nozze, lasciando l’artista sopraffatto dal dolore. Millet, in ogni caso, decise inizialmente di dedicarsi alla ritrattistica, genere che nella piccola Cherbourg riusciva a fruttargli qualche commissione, per poi adattarsi pur di vivere a una mediocre produzione di dipinti a soggetto mitologico. Fu nel 1846-47 che Millet strinse amicizia con Constant Troyon, Narcisse Diaz, Charles Jacque e Théodore Rousseau, artisti che formeranno il primo nucleo della scuola di Barbizon. Fu grazie a questi incontri che Millet iniziò a dedicarsi alla vita contadina, il tema più vicino alla sua sensibilità artistica. Nel 1848 iniziò a riscuotere i primi successi al Salon, che ospiterà le sue tele sino al 1865: tra le sue tele più acclamate vi fu Il seminatore (1850), tela che pur venendo aspramente criticata dalle firme più conservatrici riscosse i plausi dei repubblicani e dei critici di sinistra. Sotto l’influsso dei Barbizonniers, nel giugno 1849, Millet decise di trasferirsi definitivamente a Barbizon, sfruttando una piccola somma stanziatagli dallo Stato. L’artista sarebbe rimasto in questo paesino per il resto della sua vita, allontanandosene raramente in occasioni di due viaggi a Cherbourg, (1854, 1870) e a Vichy (1866, 1868). Fu proprio qui, tra l’altro, che licenziò le sue opere più celebri, come L’Angelus e Le spigolatrici, consolidando gradualmente la sua fama e arrivando persino a essere insignito del Cavalierato della Legion d’onore. Morì, infine, il 20 gennaio 1875. (Da Wikipedia)articoli
Beni rifugio, in mille li cercano alle aste
PAVIA – Investimenti alternativi oltre i Bot o insieme ai Bot, ci sono oltre mille i pavesi che li cercano in asta. E sono circa 900 quelli iscritti e registrati alla Meeting Art di Vercelli, la più grande casa d’aste italiana. Un boom di adesioni. L’arte come bene rifugio? «Certo . Sul fronte dei dipinti, il contemporaneo è cresciuto moltissimo di quotazione in questi ultimi dieci anni – spiega Pablo Carrara, amministratore delegato dell’azienda vercellese – E’ chiaro che si deve prestare attenzione alle tendenze del mercato. I dipinti dell’Ottocento e l’antiquariato, invece, hanno valori stabili che permettono perciò investimenti sicuri nel tempo».Pavesi in asta, aziende che operano nel settore. Come districarsi. Luca Sforzini, perito iscritto alla Camera di Commercio di Pavia e gallerista osserva: «L’arte contemporanea , è un ottimo investimento – dice – Cercare ciò che piace , ma facendosi consigliare. Starei attento agli emergenti americani , alla nuova generazione di graffitari eredi del grande Basquiat e penso a Tmnk o Cope2. Poi ci sono i grandi come Paul Jenkins E il sudamericano Niermann». Pavesi in arte su cui insistere o investire? «Bè, Marco Lodola è ormai un artista quotato e con un suo mercato forte – risponde Sforzini – Ma io punterei soprattutto sulle sue scatole luminose. E attenzione a un pavese d’origine in attesa di rivalutazione. Mattia Moreni. C’è poi un artista come Mario Raciti che ha avuto e ha forti legami con Pavia che non è certo dimenticato dal mercato ».